Caritas Tacuarembò: una realtà che cresce
Di Marco Fantoni
Mara Tumelero, di Carabbia, da alcuni anni lavora in Uruguay come coordinatrice di progetti di sviluppo per conto della Caritas diocesana di Tacuarembò e con la collaborazione di Caritas Ticino. Di recente è tornata in Ticino portandoci la sua testimonianza sul lavoro svolto e sull’immediato futuro.
Il progetto iniziatosi nel 1999 in collaborazione tra Caritas Ticino e Caritas Ambrosiana di Milano, prevedeva l’apertura della sede della Caritas diocesana di Tacuarembò. Un luogo dove organizzare in modo migliore le diverse attività, ma anche un punto di riferimento in cui le persone interessate potessero trovare sostegno e le informazioni richieste. Inoltre la migliore organizzazione del lavoro, avrebbe permesso alla Caritas di diventare un attore importante nel lavoro sociale al fianco di altre organizzazioni che intervengono nel dibattito sul miglioramento delle condizioni di vita della popolazione della diocesi. Da qui la necessità di avere uno spazio per poter coordinare le attività. Quest’ultime, di stampo sia organizzativo che amministrativo hanno permesso di raggiungere una migliore coordinazione ed una comunicazione più fluida con i collaboratori della Caritas in tutta la diocesi e con i membri delle altre pastorali. Riprendiamo alcuni passaggi dell’intervista con Mara Tumelero, trasmessa lo scorso mese di marzo durante l’emissione televisiva Caritas Insieme
D: Qual è stata la tua esperienza e quale è stato l’obiettivo di questo progetto?
R: Il progetto sostenuto da Caritas Ticino e dalla Caritas Ambrosiana s’iscriveva in una politica di decentralizzazione voluta anche dalla Caritas nazionale uruguayana dove in tutte le diocesi si stava cercando di formare un gruppo ed una pastorale sociale della Caritas locale diocesana. A Tacuarembò la Caritas fu fondata trentacinque anni fa. Esiste un gruppo di pastorale sociale Caritas che sta lavorando da allora. Il problema era quello di non riuscire a svolgere un lavoro organizzato e l’apertura di questo ufficio ha reso tutto ciò molto più semplice. Ora tutta l’attività è centralizzata in questo ufficio ed in più esso è diventato un punto di riferimento anche per la popolazione e per le altre organizzazioni sociali di Tacuarembò. Sanno infatti che lì esiste la Caritas, esiste la pastorale sociale e da lì si possono organizzare delle iniziative insieme e seguire dei progetti in comune.
D: Questo ufficio è attivo dall’estate del 1999, ma ufficialmente inaugurato l’anno scorso,come mai?
R: Si, è stato inaugurato nel maggio del 2000 come segno forte del Giubileo. Il Vescovo di Tacuarembò, voleva che l’inaugurazione ufficiale di questo ufficio Caritas fosse una testimonianza realmente concreta dell’Anno giubilare e per questo si è deciso di farlo nel 2000. In effetti, si stava lavorando in questo ufficio da sei mesi. Prima abbiamo potuto seguire i vari progetti che la Caritas locale gestisce. Devo dire che l’esperienza è stata interessante perché si è visto come la gente, la popolazione ma anche le altre organizzazioni, gli altri attori sociali si sono avvicinati a poco a poco a questo ufficio che, al di là di ordinare tutto il lavoro, è diventato qualche cosa di più rappresentativo.
D: A quali esigenze risponde questo ufficio?
R: In maniera molto pratica soprattutto organizzare i vari lavori; abbiamo creato un archivio, una piccola biblioteca, centralizzato tutta la corrispondenza, tutti i vari materiali, in più si cerca di seguire i vari progetti della Caritas. Ne abbiamo uno importantissimo, il più impegnativo ed è un piccolo fondo rotatorio solidale. Si tratta di dare dei piccoli crediti a gruppi parrocchiali o a famiglie, o piccole comunità che hanno bisogno di quel sostegno iniziale per partire con qualche azione di tipo produttivo o corso di formazione. Concediamo così piccoli crediti da restituire senza interessi, in comode rate.
D: Ci puoi portare un esempio di cosa una famiglia o un gruppo chiede a Caritas, per quale tipo di progetto?
R: Abbiamo avuto un gruppo di donne che volevano un’entrata finanziaria maggiore per le loro famiglie. Si sono rivolte a noi per chiedere il sostegno per una piccola impresa di conserve. Noi abbiamo prestato i soldi con i quali hanno partecipato ad un corso di formazione presso un esperto in alimentazioni e produzioni di questo tipo. Ora stanno producendo bene, hanno la loro etichetta, i loro vasetti e li vendono nei vari negozi della zona. Con questa piccola produzione, riescono ad avere un’entrata interessante per la loro famiglia. Le quote vengono restituite tre mesi dopo l’inizio del prestito dando loro così un po’ di tempo per organizzarsi. Una volta al mese devono rimborsare questi soldi che serviranno ad un altro gruppo, ad altre famiglie per sostenere i loro piccoli progetti. Il significato importante che sta dietro a tutto ciò è la solidarietà. Noi non siamo una banca, siamo un’istituzione che aiuta la gente, ma che crea anche dei vincoli di solidarietà tra i gruppi sostenuti. Per esempio, queste signore comprano delle fragole che sono coltivate da un altro gruppo al quale già avevamo prestato una certa somma.
D: Dunque un impegno di solidarietà, di responsabilità che mira allo sviluppo. Facciamo un passo indietro. Tu ti sei occupata precedentemente di un progetto a Pueblo del Barro per portare l’acqua potabile e per istruire gli abitanti del villaggio sull’uso. Come è continuato autonomamente questo uso, ci sono stati altri sviluppi?
R: L’acqua potabile arriva nelle case di tutti gli abitanti. Hanno installato un mulino per la corrente elettrica che in precedenza non esisteva e che estrae l’acqua da un pozzo di 37 metri di profondità. Sta funzionando abbastanza bene, a parte i problemi tecnici relativi a tutto il sistema. La gente ha imparato, forse partendo dalla nostra esperienza, a riunirsi, a lottare insieme, a lasciar perdere piccole invidie e gelosie che esistono in questi paesi che pur essendo piccoli, hanno sempre delle piccole tensioni interne. Sono quindi riusciti veramente ad imparare che insieme si riesce a far qualche cosa di positivo. Quando ci siamo ritirati da questo progetto, loro hanno continuato sempre insieme, sono addirittura riusciti a costruire, tramite altre organizzazioni sociali del posto, un salone comunale, dove si riuniscono. Sono dei piccoli passi che a poco a poco fanno sì che Pueblo del Barro sia un villaggio più comodo, un villaggio dove si possa vivere meglio. Proprio in questi mesi stanno cercando di ottenere i vari finanziamenti per l’opera finale, la connessione dell’energia elettrica
D: Nel progetto per cui stai lavorando, l’ufficio di pastorale sociale appunto, un’opera che avete messo in piedi è quella del cinema, che ricorda un po’ l’idea del film Nuovo cinema paradiso. Ci vuoi parlare di questa esperienza che ha avuto diverse traversie prima di approdare alla partenza?
R: Si, l’idea iniziale era di poter finanziare l’ufficio Caritas in tutte le sue attività attraverso il cinema. Quindi proiezioni di tipo più sociale, non tanto commerciale e siamo riusciti ad ottenere due proiettori dal Cinema Cittadella di Lugano. Ce li hanno venduti ad un prezzo simbolico, li abbiamo trasportati in Uruguay e da allora stiamo cercando di offrire delle proiezioni almeno una volta al mese in un luogo che non è Tacuarembò ma è Paso de los Toros a 150 km di distanza. Questo perché a Tacuarembò durante un’attesa che abbiamo avuto per problemi burocratici, è sorta un’altra sala cinematografica. Noi ci stiamo quindi spostati un po’ più lontano. Comunque offriamo il servizio di proiezione a organizzazioni, istituzioni, scuole, ecc. che hanno bisogno di raccogliere dei fondi. Si organizzano fine settimana di proiezioni, si propongono normalmente film per bambini e per adulti e si cerca d’inserire un elemento di tipo più sociale. In quest’attività è molto interessante osservare le reazioni dei ragazzini che non hanno mai visto un’immagine così grande, perché il cinema non l’hanno mai conosciuto in precedenza. Quando si spengono le luci iniziano a fremere, quando inizia lo spettacolo è un’emozione unica.
D: In Europa, in Svizzera, l’Uruguay è un paese pressoché sconosciuto forse lo si cita qualche volta in ambito sportivo o politico. Che situazione troviamo laggiù?
R: L’Uruguay è un paese molto piccolo, ci sono tre milioni di abitanti di cui un milione e mezzo concentrati nella capitale Motevideo. In Svizzera si sente spesso parlare di Montevideo, della costa, di Punta de l’Este, una località turistica di alto prestigio. L’Uruguay è però anche tutto il resto quindi tutto “el interior” come loro chiamano, il nord, centro nord del Paese è un mondo a parte, perché è pura campagna, paesini sparsi che vanno avanti come possono e quindi molto lontani dalle luci e dai bagliori della costa. È difficile riuscire a vivere in questo interior dell’Uruguay anche perché mancano le industrie, tutto è concentrato al Sud, c’è un grandissimo problema di contrabbando con merce che viene dal Brasile a prezzo maggiormente favorevole. Molta gente che si ritrova così senza lavoro. L’occupazione principale è partire, percorrere centocinquanta chilometri, andare in Brasile comprare e poi rivendere in Uruguay, con tutti i vari problemi che chiaramente questo implica. Comunque la situazione della campagna è anche molto interessante, troviamo grandi pascoli, mucche, pecore e coltivazioni, soprattutto al Sud del Paese. Il problema di Tacuarembò è soprattutto la mancanza d’industrie che impedisce la creazione di un mercato del lavoro.
D: In questo contesto, proprio a Tacuarembò, oltre a quello che hai già citato prima, di cosa si occupa la Caritas locale? C’è un aspetto più sociale a cui le persone fanno riferimento?
R: Si, a Tacuarembò esistono vari organismi, varie organizzazioni sociali e soprattutto il Municipio, con il suo Dipartimento d’assistenza sociale. È quello a cui la gente maggiormente disperata, che ha bisogno di cibo, di un tetto, delle cose di prima necessità, si rivolge. La Caritas ha un po’ lasciato da parte questo profilo d’emergenza e di assistenza, si cerca di fare un lavoro che si basa soprattutto sulla promozione, l’insegnamento, l’educazione, ecc.
D: Un lavoro forse più di rete, d’informazione verso servizi sociali già esistenti senza così creare doppioni. In conclusione, che futuro vedi per questo progetto di cui sei stata parte integrante dall’inizio e per il quale continuerai a collaborare?
R: Con questo progetto si cercherà sicuramente di dare una continuità, perché l’Ufficio in sé sta creando veramente una coscienza nella gente. La popolazione sa che lì esiste un’organizzazione che ti aiuta che ti ascolta e che cerca di indirizzarti in altri posti, oppure che ti può dare quella mano di cui hai bisogno. In più abbiamo un progetto importante a livello di Caritas locale, ed è la creazione di una fondazione che si chiamerà Carlos Parteli che fu il primo Vescovo di Tacuarembò al momento della fondazione della diocesi. Fu, tra l’altro, il fondatore della Caritas. Scomparse nel 1999 ed in sua memoria si vuol creare questa fondazione per aiutare e per finanziare progetti a livello di campagna. Già lui nel 1961 scrisse una lettera pastorale molto importante in cui raccontava dei problemi sociali della gente di campagna i quali esistono tuttora.
Caritas Ticino ha deciso di sostenere ancora per un anno Mara Tumelero in questo progetto che mira soprattutto alla valorizzazione della persona. Come abbiamo letto l’impostazione del lavoro non è quella di creare dei doppioni, ma quella di proporsi come coordinamento di un lavoro di rete, d’informazione e di formazione. Un concetto che anche a Caritas Ticino si cerca di sviluppare da diversi anni.